lunedì 16 marzo 2009

Bilingue sul mio blog che langue

Una cosa importante da tener presente mentre si chiacchiera in tre (australiano, italiana e giapponese) é che le promesse stanno sempre sveglie, dunque anche se i miei coetanei hanno avuto una giornata di cacca entrambi (Mac Giver alle prese con problemi di logistica e Banana Yoshimoto con crisi cultural-esistenzial-artistica) e io una giornatona (primo giorno di presentazione del festival di design agideas alla mia scuola di fronte a studenti del mondo, prof cui non so se e` arrivata la mail col pdf dell'ultima scadenza ecc ecc) mi impongo di scrivere qualcosa, ora, prima di essere travolta ancora da mille input.

Pochi giorni fa é successa una cosa bella, per la prima volta mi é uscito incontrollato l`istinto di scrivere una cosa in inglese, ed é capitato quel che mi succede sui taccuini in italiano, uno scorrere fluido delle parole e correzioni quasi nulle che le luci della tastiera ancora non permettono al mio inconscio di sperimentare. Soprattutto una gran bella sensazione di riuscire a capire le cose mentre le scrivo naturalmente. Insomma, scusate se vi uso come cavia ma spesso fate parte di una nota con feedback che metto in evidenza a me stessa.

Comunque la cosa uscita dalla mia tastiera era in quel caso un volantino di protesta in forma di lettera a babbo natale, che se non bastassero i trenta progetti in corso mi do anche qualche altra cosa grafica sulla quale spremermi le ottimiste ma spompate meningi. Ve lo posto prossimamente (vediamo come va) nelle puntate di questa meravigliosa rubrica "Bilingue sul mio blog che langue". Man mano spero di tradurre cose anche di altri, di amici di qui e di là, ed un giorno, chissà, di poterlo fare in spagnolo ed in francese.

Allora, visto che mi sono ingarbugliata negli eventi e nel processo di apprendimento dei filtri, non vi racconto quel che é stato ieri (un blog coi tempi del concilio vaticano, eccitante) ma vi trascrivo una cosa che scrissi una sera al Kookie ove usavo rifugiarmi a tarda notte a bere una corona e tentare di scrivere in inglese (l`istinto viene dopo la pazienza della sperimentazione) e a far amicizia con gli estranei sui balconcini che danno su Swanston street. (Ma chi mi credo di essere? Hemingway? Ma va, va...)

Era qualche mese fa. Baci.

"The fat guy moans some misogynous (he admits) jokes on the cue for drinks on Kookie on Swanston). 

(...) 

Una coppia inizia una danza. Kookie puzza alle due del mattino, ma la folla è abituata agli efflufi dei mille fastfood tutto il giorno. La musica è forse una hit per chiudere la serata, uno di quei pezzi che un gestore userebbe per invitare la clientela  ad avviarsi ai domestici letti, così da poter chiudere, e spicciare i bicchieri, e sistemar la cassa, ma questa coppia, forse per ben aver somatizzato l`alcool, o forse per precedenti ormoni che non aspettavano altro, volteggia tra i tavoli semivuoti, lei bionda tinta, lui virilmente rasato, sono ormai spariti tra i paraventi, i dieci secondi di sensualità valevano forse tutta la serata, quantitativamente esprimibie in numerosi pezzi da 10 (o forse 50).

Il problema, in fondo, non è scrivere. Il problema è capire la propria scrittura."

Come potete notare:

  • la parte in inglese tra (...) l`ho tagliata, il bilingue nasce da numerosi tentativi ma da iniziale scarso raccolto e seminatura continua e paziente
  • il concorso che mette in palio un vasetto di sugo ai piselli è ancora aperto per coloro che parteciperanno alla correzione dei miei accenti
  • il problema, in fondo, non è mai capire la propria scrittura, il problema è scrivere.
B.Y. scraccrareccia della carta tutta intenta, Mac Giver trapana felice in cucina ed io sono felice di avere trovato il tempo per parlare con loro, per scrivere qui e sarebbe grandioso adesso cucinare anche qualcosa e nutrire finalmente questa me, questa fedele schiava della mia libertà.