lunedì 24 novembre 2008

In ordine sparso

Da qualche parte bisognerà iniziare, prima o poi.
Si affronta ad un certo punto l`idea di doversi sedere un attimo, decidere cosa tenere e cosa buttare, (
ancora?) stavolta forse con più forza nel cercare di procedere verso una scelta invece che sulla difficoltà di lasciar andare.

C'è da decidere il colore del blogghino, dove metto i vestiti e dove i libri, fosse anche per pochi mesi, chi lo sa, il clima di Melbourne non è
il suo aspetto più imprevedibile (ormai non dico nemmeno più che ah, ma questa volta me lo giuro! che sarà l`ultimo trasloco), perdo traccia di amici per mesi e non so più dove eravamo rimasti, avrei dovuto fermarmi a contemplare tutto quello di cui mi sono nutrita e perchè qualcosa sia risultato essere tossico o velenoso, mi sono invece fatta prendere dal vento spiraliforme ascendente di Melbourne e ho fatto bene.

Le parole stesse, la fluidità delle lingue, del dialogo e del pensiero seguono ormai una sequenza cosi` casuale (ancora mi vergogno a usare
random in italiano) che in pratica non mi aspetto più in quale lingua e in quale mondo culturale penserò per la maggior parte del giorno. E mi va benone così.

Il problema non sta all`inizio, per quanto traumatico possa essere l`impatto con la lingua australiana che ha fonetica e slang assai complessi da digerire, il problema arriva quando si pensava di potersi rilassare. Quando la lingua non sembra più un problema. Quando ci si dimentica in che lingua si sta pensando. E si viene accolti dalle persone in quanto persone, dunque ‟sgusciati” dal ruolo protettivo (europeo, italiano, turista o quel che è), e trattati come chiunque altro.

E ci si imbatte nel senso dell`umorismo australiano. Ecco, lì son dolori. Ma anche grosse soddisfazioni, in fondo. Il senso dell`umorismo australiano si basa sullo scardinare i taboo in maniera secca (senza mai diretta offesa, sennò botte, metaforicamente e alcuni purtroppo invece proprio se menano) e sul far leva sui punti deboli dell`amico. Nel pigiare il grosso bottone che più o meno abbiamo tutti, quello che ci fa saltare dalla sedia, che pigia sui nostri punti deboli. Questo è solitamente riservato agli amici, è come una dimostrazione di benvenuto e un rito di passaggio (posso spingere i tuoi limiti e possiamo riderne perchè sono tuo amico) e se si riesce a non impelagarsi nei nostri
Cosa avrà voluto dire? Voleva mica offendere? ma a ribattere con la stessa leggerezza, sarcasmo difficile da manovrare in questo mix cultural-geografico, ecco, se e quando si riesce questa cosa è assolutamente uno dei cibi più inebrianti in circolazione.

Non è per niente facile, però.

Altre cose morsicate utimamente nel prossimo post dal titolo
How to enjoy your identity crisis(Sto bene ma non so più chi)

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